SGUARDI DALLA BIENNALE: Doppia intervista a Francesca Pasquali e Ilaria Bignotti

#BIENNALEDIVENEZIA /PART 1

Quali sono gli eventi da non perdere? Che linguaggio parlano gli artisti e quali sono le novità di questa 57esima edizione?    A 10 giorni dall’inaugurazione della Biennale di Venezia ne parliamo con l’artista Francesca Pasquali e la curatrice Ilaria Bignotti, Direttore Scientifico del Francesca Pasquali Archive.

 
Francesca, si parla di uno scontro-confronto tra opera e installazione site specific: da artista che fa entrambe cosa rappresentano l’una e l’altra in un contesto come quello della Biennale?

La Biennale è da sempre uno degli appuntamenti più importanti per l’arte; una città, già di per sé affascinante e intrigante, si mobilita per accogliere il mondo, si trasforma in un museo a cielo aperto, vivo e in continua mutazione. Luoghi sconosciuti aprono le porte e sfoggiano tutta la loro bellezza e fascinazione. Sono questi gli spazi che ospitano interventi invasivi, tridimensionali e site specific talmente “attraenti” che non potrebbero reggere altro che delle istallazioni pensate e costruite in completa armonia con essi. Ecco che la Biennale diventa l’occasione per osare, stimolare la sensibilità artistica nella creazione di qualcosa di nuovo, diverso, che non per forza deve piegarsi alle regole economiche della vendita: si può sognare! Tutti i Paesi sfoggiano il meglio di sé e dunque questo è il momento in cui tra il caos generale trovi qualcosa (non tutto!) di realmente interessante e concretamente strutturato.

Credo che si percepisca sempre più la necessità di coinvolgere il pubblico e dunque l’installazione a mio avviso è la situazione più appropriata per immergere le persone in un’esperienza unica e plurisensoriale. Un’opera parietale raramente raggiunge tali stati immersivi, a meno che non si superino certe dimensioni.

 

Christine Macel, curatrice della 57ma edizione della Biennale di Venezia, ha detto che «L’arte di oggi di fronte ai conflitti del mondo, testimonia la parte più preziosa dell’umanità». Hai notato questa spinta nelle opere viste?

L’arte è un linguaggio contemporaneo di straordinaria efficacia ed esprime la sua attualità nella realtà.L’arte parla del mondo – il mondo si rivela attraverso l’arte. Ecco perchè credo nell’importanza per un artista di vivere esperienze internazionali che possano dargli la possibilità di sperimentare il presente e conoscerlo in tutte le sue sfaccettature. Un lavoro che mi ha particolarmente colpito, probabilmente per il contesto nel quale è stato rappresentato, è quello di Douglas Gordon.

La ragione?

Rappresenta chiaramente e senza esclusioni di colpi, il binomio vita – morte in un esemplare video girato nelle catacombe dei Capuccini di Palermo. Ricordo di aver visitato quel luogo qualche anno fa… mi trovai sospesa in un limbo: l’imprevedibile realtà che coglie inaspettatamente senza distinzioni di età, sesso, colore, e il surreale teatrino della vita presentato come un macabro campionario di corpi inermi catalogati come fossero fantocci. Il video, rappresentato all’interno di una delle numerose celle delle prigioni di Palazzo Ducale, si scorge attraverso le massicce grate della piccola finestra della cella.

Il voyerismo dell’osservatore è attirato dal paradosso della situazione osservata: l’aspetto ludico di un palloncino a forma di delfino sfavillante e leggero che volteggia sul soffitto, ammicca alla macabra e funerea realtà che lo circonda. Resta là, sospeso e appeso al soffitto, come volesse allontanarsi da una realtà troppo dura per essere vissuta, ma bloccato dalle pareti delle catacombe che diventano prigione e costrizione.

Non esiste via d’uscita.

Ricordo di aver provato la stessa sensazione.

 

 

 

 

intervista-ilaria-bignotti-biennale-venezia-2017Ilaria, come sempre la Biennale non è solo Arsenale e giardini, ma una città in fermento: quali sono gli eventi off da non perdere?

Sicuramente “Intuition“, a Palazzo Fortuny: un percorso che analizza quel tema immenso, incandescente, dell’intuizione nell’arte di ogni tempo, attraverso contaminazioni tra epoche anche lontane, basate su una affinità non solo visuale ma anche empatica. Troviamo Basquiat con sculture pre-classiche incastonate nella terra; i cascami scultorei di Berlinde De Bruyckere e opere tardo-gotiche; una quadreria di sei respiri di Maurizio Donzelli dialoga con un pensiero plastico e leggerissimo di Melotti; i chiodi di Uecker con le pratiche di

Biennale-Venezia-2017-Anish-Kapoor-intervista-Ilaria-Bignotti-Francesca-Pasquali

Anish Kapoor, White Dark VIII, 2000, Intuiton, curated by Daniela Ferretti and Axel Vervoordt, Palazzo Fortuny, Venezia

scrittura preistoriche; Marina Abramovic sciamana con i trattati di medicina rinascimentale. E poi il posto, un palazzo costruito a immagine e somiglianza della mente fantasiosa, eclettica, intuitiva di Mariano Fortuny… Scelgo questa, decisamente.Sta riscontrando molto successo anche quella curata da te a Marignana Arte.

Sì e ne sono felice, non perchè sia mia, ma perchè affronta un tema di grande attualità, la prossemica, e crea contaminazioni tra sei artisti straordinari che hanno lavorato al progetto con opere prodotte apposta: Sophie Ko, Maurizio Donzelli, Paola Anziché, Aldo Grazzi, e Arthur Duff.

Paola Anzichè, Natural fibers, 2017, The hidden dimension, curated by Ilaria Bignotti, Marignana Arte, Venezia

 

Ne vogliamo citare altre…

Sul periodo di mio specifico interesse storico, da non perdere Alighiero Boetti alla Fondazione Giorgio Cini a San Giorgio; Marzia Migliora a Ca’ Rezzonico; Pierre Huyge alla Fondazione Vuitton; c’è poi da fare un salto al Grenada Pavillon, per interrogarsi sulla strana coincidenza tra il progetto di Jason De Caires TaylorUnderwater sculptures” e la grande, muscolare operazione di Damien Hirst… l’arte serve a far pensare, e anche a creare dibattito, no?

 

Ritieni che la Biennale e tutto il contesto che la circonda sia aperta a nuove figure e sappia cogliere davvero le novità o stia diventando più formalmente istituzionalizzata e vetrina solo per chi è arrivato?

La Biennale è da sempre un luogo di aspre polemiche, di conta degli inclusi e degli esclusi. La Biennale è una manifestazione istituzionale, legata inevitabilmente alla storia sociale e alla situazione politica ed economica del momento. Pensarla in questo modo, che è corretto, aiuta a non cadere in inutili chiacchiere, e a capire anche perchè vi siano certe presenze e certe assenze. Ho trovato alcune interessanti presenze, certo già note agli storici, ma non al pubblico ampio; alcune riscoperte, quelle sì, che oggi van molto di moda.

 

I giovani emergenti ne sono esclusi?

Parlare di giovani e di emergenti in Biennale non mi pare adeguato…io la visito soprattutto per vedere cosa succede in paesi lontani dal mio e dalla mia cultura, e per scoprire posti e location spesso inaccessibili a Venezia; credo che un giovane debba averla come obiettivo per un futuro maturo; o anche non averla, come scelta di ribellione a una manifestazione che è comunque, inevitabilmente, storicamente, parte di un sistema codificato.

 

Alessia Marsigalia

Photo courtesy: Ilaria Bignotti, Francesca Pasquali

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