GlassWall/Flux Us, Flux You, Flux ‘em all by Claudio Musso*
La società ha bisogno di persone sensibili per ricevere il futuro. Cit. M. Bauerme
Fluxus è senza dubbio uno dei gruppi di artisti di maggiore influenza del secondo Novecento. L’attività dei protagonisti del “più radicale e sperimentale movimento artistico degli anni Sessanta”[1] non solo ha permeato gli anni fatali di una decade decisiva per le sorti della cultura contemporanea, ma ha impiantato un germe che oggi è più che mai vivo.
Con Flux Us CUBO intende rendere omaggio, attraverso uno sguardo diacronico, alla compagine riunitasi a Wiesbaden nel 1962 per l’Internationale Festspiele Neuester Musik: da un lato presentando l’opera di Mary Bauermeister, tra le principali animatrici della scena artistica di Colonia che nel suo atelier ha ospitato le fasi nascenti della costellazione Fluxus, dall’altro dando spazio alle opere di Francesca Pasquali e di fuse* come esempio di una eredità tutt’altro che perduta.
Le cronache raccontano di un doppio battesimo per Fluxus avvenuto a cavallo di due continenti, Europa e Stati Uniti, e di un fermento diffusosi a livello mondiale. L’attività del gruppo si inscrive in quadro di crisi della rappresentazione pittorica che avvolge la seconda metà degli anni ’50 in seno alla quale si collocano esperienze come l’Action Painting in America o il gruppo Gutai in Giappone che esaltano il gesto e l’azione diretta dell’artista.
Sul fronte europeo la Germania in particolare ha giocato un ruolo decisivo e determinante per la nascita ospitando in città come Wuppertal, Düsseldorf e ovviamente Colonia concerti ed azioni che diedero il via al fervido clima venutosi a creare successivamente. Nei primi anni ’60 infatti proprio in terra tedesca si ritrovano due tra i protagonisti indiscussi del XX secolo, Karlheinz Stockhausen e John Cage, intorno a loro poi si radunano alcune delle figure che negli anni successivi contribuiranno a ridefinire i confini dell’opera d’arte e dell’arte stessa come George Maciunas, Nam June Paik e Joseph Beuys tra gli altri.
Mary Bauermeister ha indirizzato in un primo tempo la sua ricerca artistica ad un intenso rapporto con la musica e con le sperimentazioni sonore, tanto da definirla a volte un’emanazione delle stesse. “Leggere le note del compositore, come fanno gli interpreti nella musica, lo stesso ho cercato di fare nelle mie opere. L’intento era partecipare ad una Gesamtkunstwerk multimediale, artisti provenienti da ogni campo avrebbero potuto interpretare le partiture”[2]. Le particelle che compongono l’opera Übergänge sono la rappresentazione di un ritmo costante, un movimento perpetuo, un rumore bianco che permea lo spazio e al contempo ne diviene rappresentazione. “I disegni realizzati da Mary Bauermeister durante tutta la sua vita sono forse un esercizio e i suoi esercizi diventano immagini immediatamente brillanti molto vicine alla prassi quotidiana della meditazione tradizionale, la quale veniva definita dal Sesto Patriarca dello Zen in Cina come il movimento giornaliero della ruota ad acqua. Un flusso continuo riconoscibile nel procedere costante punto su punto, pietra su pietra dell’artista”[3].
Sia il gruppo Fluxus che la Nuova Musica propugnata dai corsi estivi di Darmstadt[4] trovano nella filosofia Zen uno dei principali punti di influenza che, insieme alle teorie del caso e alla “rivoluzione” Dada di Marcel Duchamp, compongono il quadro in cui si inscrive anche l’azione della Bauermeister. L’approccio utilizzato in Steinbild,[5] presente fin dagli esordi nella carriera dell’artista, è in qualche modo figlio e precursore di questo ambiente, la superficie infatti è ricoperta di pietre poste in ordine scalare e geometrico, elementi di una forza generatrice che si espande nello spazio come accade per la propagazione delle onde sonore.
Con Glasswall, Francesca Pasquali si muove nelle traiettorie tracciate dalla Bauermeister e da Fluxus in genere trasformando un oggetto comune della quotidianità come un bicchiere di plastica in una installazione interattiva che necessita di un intervento esterno per essere attività. Lo sviluppo modulare, l’apparente facilità e leggerezza di realizzazione riconducibili al percorso tracciato fino a qui, sono interconnessi alle tecnologie di ultima generazione che consentono all’opera di modificarsi grazie all’interazione con il pubblico che, a sua volta assume il ruolo di attore oltre a quello di spettatore.
L’arte si fa azione con .amygdala, l’installazione di fuse*, l’opera che stabilisce una relazione diversa fra arte e pubblico: l’opera si prefissa l’obiettivo di rappresentare il flusso di dati che in ogni istante milioni di persone condividono sulla rete. Controllata da un algoritmo, .amygdala traduce in suoni e colori i pensieri e li rielabora generando un’opera audiovisiva capace di rappresentare lo stato emotivo globale di milioni di persone che inconsapevolmente partecipano al progetto inviando segnali, parole indicatrici e creando una vera e propria interazione emotiva. Così come negli event e nei festival Fluxus, che riprendono il principio di unità tra arte e vita promulgato dalle Avanguardie Storiche, qui il concetto di opera d’arte assume il significato di esperienza estetica, non più separata dal flusso vitale.
A CUBO l’arte e gli artisti diventano strumento per sostenere il futuro e diffondere valori culturali alternativi.
*(Critico d’arte e curatore indipendente, con particolare attenzione al rapporto tra arte visiva, linguaggio e comunicazione, arte urbana e nuove tecnologie. Professore a contratto alla Scuola di Lettere e Beni culturali dell’Università di Bologna, collabora con il MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna per la ricerca scientifica e per l’organizzazione di conferenze e incontri).
[1] Harry Ruhè, FLUXUS, the most Radical and Experimental Art Movement of the Sixties, ‘A’, Amsterdam 1979.
[2] “What the interpreters of music do, play the notes of the composer, I brought into the field of art. The plan was part of a multimedia gesamtkunstwerk, so many artists from all fields could interpret the score”. Trascrizione da un’intervista tra Timothy Cahill, direttore di Art Conservator, e l’artista Mary Bauermeister, 2009.
[3] “Vielleicht sind aber Mary Bauermeisters lebenslanges Zeichnen als Übung und ihre Übungen, die unmittelbar brilliante Zeichnungen werden, viel näher an der täglichen Praxis der traditio- nellen Meditation, für die der sechste Patriarch des Zen in China ebenso das tägliche Treten des Wasserrades, wie er es vollzog, anerkannt wissen wollte. Wie viel offensichtlicher erkennen wir es in der immer sich fortsetzenden Folge der Striche, Striche, Striche, Steine, Steine, Steine der Künstlerin”. Pasqual Jordan, Fluxus und Zen, …
[4] Gli Internationale Ferienkurse für Neue Musik, Darmstadt, letteralmente Corsi estivi di composizione per la Nuova Musica di Darmstadt, sono una serie di lezioni che si svolgono presso l’Istituto Internazionale per la Musica nella città tedesca di Darmstadt rivolti a compositori ed esecutori di musica contemporanea.
[5] La traduzione italiana della parola è litogeno ovvero che produce pietre, che dà origine a materiale pietroso.